Al pari della porcellana, anche la lacca è un’arte che si è originata in Estremo Oriente. La resina estratta dalla corteccia dell’albero della Rhus vernicifera, raffinata con complessi procedimenti, era infatti utilizzata in Cina e in Giappone già alcuni millenni prima dell’era cristiana. Allora serviva soprattutto per impermeabilizzare oggetti di vario genere e di diversi materiali, come la ceramica e il legno. In seguito, in Cina già alcuni secoli prima dell’inizio dell’era cristiana, si svilupparono anche tecniche decorative specifiche per la lacca. Le lacche cinesi di epoca Han (206 a.C.-220 d.C.) sono già notabili per la raffinatezza dell’ornato, solitamente applicato a lacca cinabro su fondo di lacca nera, su un’anima di legno. Nei secoli successivi si susseguirono continui perfezionamenti nella lavorazione della lacca, così che essa divenne una delle più emozionanti espressioni della cultura artistica di tutta l’Asia orientale, in particolare della Cina e del Giappone. 

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Gérard Dagly, Clavicembalo laccato con Cineserie. Schloss Charlottenburg.

Ammirate per la loro bellezza, le lacche cinesi stimolarono sicuramente dall’antichità anche lo sviluppo di simili tecniche in Asia occidentale. Nonostante l’uso di vernici protettive fosse noto già da molti secoli in area mediterranea e in Medio Oriente, la conoscenza delle lacche cinesi fu essenziale perché anche gli artisti persiani – pur non avendo a disposizione la resina della Rhus vernicifera – si ingegnassero per produrre delle superfici che almeno nell’aspetto ricordassero la levigatezza delle laccature estremo-orientali. Anche nella scelta degli ornati, si può notare quanto le vernici di area islamica siano in debito con la lacca cinese, soprattutto nella predilezione dei calligrafismi a oro su fondo nero combinati con alta precisione e senso di armonia. Quantità di oggetti laccati medio-orientali arrivavano senz’altro a Venezia tra il XV e il XVI secolo, ispirando una analoga produzione locale che, pur con l’intermediazione persiana, mostra certo affinità concettuali e formali anche con quella cinese.

Gli europei cominciarono ad avere disponibilità di originali lacche cinesi e giapponesi dalla metà del Cinquecento circa, grazie alle attività dei mercanti portoghesi che per primi instaurarono rapporti commerciali con la Cina (non diretti, a causa delle reticenze del governo cinese), seguiti dagli spagnoli e poi da olandesi e inglesi, che stabilirono le loro basi a Macao e Canton.

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Gérard Dagly, Stipi laccati con Cineserie.

Le prime lacche cinesi e giapponesi che arrivarono in Europa posero subito un dilemma: ma, di cosa si trattava? Cos’era quel materiale che rendeva le superfici su cui era applicato tanto lucide e levigate? Come per la porcellana (Marco Polo scrisse che si trattava di una mistura di conchiglie triturate, e questa sua opinione rimase la più diffusa fino alla fine del XVI secolo circa), anche la composizione della lacca rimase misteriosa per molti decenni finché alcuni viaggiatori europei non riportarono notizie più circostanziate su quel materiale, svelando infine l’arcano. Tuttavia, la rivelazione non fu molto utile poiché a nulla sarebbero valsi i tentativi di riprodurre una vernice simile a quella se non si avesse disponibilità della materia prima, ovvero la resina della Rhus vernicifera. Non valse la pena neanche di tentare di importare esemplari di quella pianta, poiché essa per proliferare ha bisogno di condizioni ambientali specifiche, ovvero un clima tropicale. Che fare dunque?
Gli europei sperimentarono allora l’uso di materiali diversi per tentare di imitare la lacca estremo-orientale, come la sandracca, una resina estratta da una pianta comune in area mediterranea. Il risultato non era ovviamente lo stesso, ma le lacche europee cominciarono ad essere apprezzate, e quindi acquistate a prezzi sicuramente più bassi rispetto ai prodotti importati dall’Asia. Manufatti laccati si produssero a Venezia, a Firenze, ad Amsterdam e in Inghilterra già all’inizio del XVII secolo, centri ai quali seguirono poi numerosi altri che sarebbe qui troppo lungo elencare. Gli artigiani specializzati nella laccatura riproposero assiduamente anche decori ispirati dagli oggetti cinesi e giapponesi, dando così forte impulso in tutta Europa al gusto Cineseria.
Anche in Germania l’arte della laccatura ebbe uno sviluppo piuttosto importante, in particolare tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento. Grazie all’appoggio della nobiltà più influente, si imposero all’attenzione alcune botteghe di laccatori che ebbero commissioni di rilevanza. Tra queste va ricordata soprattutto quella di Gérard Dagly (1665 circa-1715). Nato e formatosi in Olanda, Dagly si trasferì a Berlino nel 1686 per entrare a far parte dell’entourage artistico dell’Elettore del Brandeburgo; lavorò anche per altre corti, producendo un gran numero di manufatti laccati.
Le lacche di Dagly sono capolavori assoluti del Barocco internazionale. Riprendono in maniera piuttosto fedele i motivi delle lacche estremo-orientali, in particolare di quelle giapponesi della seconda metà del XVII secolo esplicitamente destinate all’esportazione verso l’Europa. In parte, egli riprodusse anche le forme di quegli arredi, soprattutto degli stipi, ma applicò la sua vernice anche su mobili di forme esclusivamente europee, come nello straordinario clavicembalo conservato nello Schloss Charlottenburg di Berlino. Questo spettacolare manufatto esemplifica anche un’altra caratteristica dell’arte di Dagly, ovvero l’utilizzo a volte di una vernice bianca di fondo al posto di quella nera, decorata con figure e oggetti nel paesaggio che sono derivazioni dirette del repertorio cinese. In questo caso in particolare sembra proprio che gli ornati policromi delle porcellane della cosiddetta Famiglia Verde si siano trasferiti sulla superficie esterna dello strumento musicale.

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Copertina del catalogo della mostra su Dagly a Munster

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Paravento cinese di tipo Coromandel, seconda metà del XVII secolo.

Si è da poco conclusa presso il Museum für Lackkunst di Münster in Germania una mostra dedicata esclusivamente all’opera di Dagly, curata da Monika Kopplin, già autrice di numerose pubblicazioni riguardanti la lacca. Il museo tedesco, l’unico in Europa – e forse nel mondo – specializzato nell’arte della lacca, ha così permesso di chiarire molti punti sull’attività di questo artista e sullo sviluppo della laccatura in Germania nel periodo Barocco. Nel ricco catalogo che accompagna l’esposizione sono schedati non solo gli oggetti che senza dubbio furono realizzati nella bottega di Dagly, ma anche opere che le si possono attribuire su base stilistica; inoltre, sono illustrati anche lavori ormai irrimediabilmente scomparsi, tra cui il Gabinetto Cinese del 1690-1695 circa che si trovava nel Palazzo di Berlino, distrutto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, nel quale Dagly intervenne con l’inserimento di alcune pannellature di corredo ad una boiserie realizzata utilizzando le ante di una serie di paraventi cinesi di tipo Coromandel.